L’alba più nera

Laddove solitamente si incontrano per le strade del tranquillo paese di St.Imier, nel Giura bernese, solamente i lavoratori e le lavoratrici dell’industria orologiera e delle microtecnologie, nonché i facoltosi clienti della marca di orologi Longines, durante 5 giorni (dal 19 al 23 luglio), ai poco più di 5000 abitanti del luogo si sono aggiunti almeno altrettanti anarchici o persone interessate a dibattiti sull’anarchismo. A parte i frequentatori e i compagni della cooperativa autogestita Espace Noir (ancora in piedi dal 1986) qui non si vedono normalmente in giro molti anarchici.

Tra i tanti temi di stretta attualità trattati ai RIA (les Rencontres Internationales Antiautoritaires, gli incontri internazionali antiautoritari), sorprende che la conferenza dello storico anarchico Florian Eitel (già autore del libro sugli orologiai anarchici in Svizzera, pubblicato nel 2018) abbia suscitato tanto interesse. La storia sulle origini dell’anarchismo come movimento politico ha visto la presenza di circa 600 tra compagni e compagne, molti di cui giovani, in una gremita “salle de spectacle” (sala teatro) del centro cittadino.

Le origini dell’anarchismo

Nelle giornate del 15 e 16 settembre 1872 un pezzo di storia mondiale è passato da St.Imier, per quanto in pochi, probabilmente, nella cittadina dell’epoca ne fossero consapevoli. Con il russo Bakunin e gli svizzeri Guillaume e Schwitzguébel della Federazione Giurassiana (la federazione ospitante) i delegati delle sezioni di Italia, Francia, Spagna e Stati Uniti si incontrarono a St.Imier per ricostituire l’Associazione Internazionale dei Lavoratori (AIT, Association Internationale des Travailleurs), fondata nel 1864 ed entrata nella storia come Prima Internazionale. Nelle intenzioni dei convenuti radunatisi nel Giura bernese si voleva tornare alle radici di questa prima unione transfrontaliera dei lavoratori. All’origine della fondazione dell’AIT c’era, infatti, l’emancipazione dei lavoratori e delle lavoratrici da ottenersi oltre i confini degli Stati, ma le competenze organizzative e decisionali più significative sarebbero dovute rimanere a livello locale. Un movimento internazionale del lavoro forte e capillare si sarebbe dovuto basare sull’autonomia e sul federalismo, poiché calato nelle diverse realtà locali. La delega di competenze ad un organo sovraordinato veniva vista solo come ultima ratio.

Senza ombra di dubbio il cosiddetto Congresso antiautoritario del 1872 e con lui la stessa St.Imier, sono entrati in pianta stabile nella memoria storica collettiva dell’anarchismo. Il Congresso è assurto a base dei principi del movimento anarchico e alcuni storici dell’anarchismo concordano sul fatto che le sue quattro risoluzioni rappresentino una sorta di Carta dell’anarchismo mondiale. Questa valutazione è senz’altro condivisibile, anche se l’anarchismo si contrassegnerà in seguito per la molteplicità delle sue posizioni e forme di azione. Le prime due risoluzioni analizzano la situazione generale in relazione all’Internazionale stabilendo degli obiettivi futuri. Secondo i primi anarchici il mondo era oppresso dall’autoritarismo rappresentato da Capitalismo, Stato e Chiesa. Anche nella breve storia recente dell’Internazionale gli anarchici individuarono tendenze autoritarie nocive, incarnate dal Consiglio generale e, in particolare, da Karl Marx. Attraverso “un patto di amicizia, di solidarietà e di mutua difesa tra le libere federazioni” ci si contrapponeva alle mire di potere del Consiglio generale dell’AIT. Nelle altre due risoluzioni, che stabilivano i metodi di lotta e di organizzazione per combattere l’autoritarismo in ogni sua forma e rendere possibile una società basata sulla libertà e la giustizia sociale, sono già riconoscibili gli elementi cardine di due delle tre correnti che contraddistinguono la storia dell’anarchismo secondo la tipologia tracciata da Gaetano Manfredonia nel suo libro “Anarchisme et changement social. Insurrectionalisme, syndacalisme, éducationnisme-réalisateur” (Lione 2007). Nella terza risoluzione si distinguono i tratti del cosiddetto anarchismo insurrezionale, mentre la quarta definisce i caratteri di quello che diventerà un movimento di massa, l’anarcosindacalismo.

Più rilevante delle quattro risoluzioni, per lo sviluppo successivo dell’anarchismo, fu lo scambio di esperienze tra i lavoratori dei vari paesi. A St.Imier confluirono diversi vissuti storici e tanto potenziale nel campo delle lotte sociali. Ex comunardi come Gustave Lefrançais e Jean-Louis Pindy raccontarono della repressione nella Francia di Napoleone III – a partire dalla fine del 1867 il governo francese decise di contrastare l’espansione dell’Internazionale – e del bagno di sangue compiuto dall’esercito della Terza Repubblica per soffocare i tentativi di autogoverno locali in città come Lione e soprattutto Parigi, durante i due mesi della Comune del 1871. A St.Imier si presentò anche il settantasettenne Charles Beslay, un rivoluzionario che aveva già partecipato ai moti del febbraio 1848.

I delegati italiani Carlo Cafiero, Andrea Costa ed Errico Malatesta, benché decisamente più giovani, ebbero un ruolo fondamentale nella costruzione a carattere federalista della Federazione italiana all’interno dell’AIT (Conferenza di Rimini, 4-6 agosto 1872). Nella “giovine Italia liberata” dalle milizie garibaldine s’infransero però le speranze di una società repubblicana e federalista in cui le classi lavoratrici avrebbero avuto un qualche potere decisionale. Malatesta e Costa diventeranno comunque nei decenni successivi delle figure altamente influenti della sinistra italiana, anche se Costa (al contrario di Malatesta) abbandonerà l’anarchismo e getterà, con la creazione del Partito Socialista Rivoluzionario Italiano, le basi del futuro Partito Socialista Italiano. Proprio dalla figura di Malatesta (all’epoca diciannovenne e che nel 1920 sarà il primo direttore del giornale Umanità Nova) si può evincere l’allora insospettabile potenziale di crescita dell’anarchismo come movimento di massa dei lavoratori. Per più di quarant’anni, almeno fino alla rivoluzione d’ottobre del 1917, le speranze di un cambiamento radicale della società risiedevano per milioni di persone nell’anarchismo. In tutto questo periodo le posizioni comuniste-centraliste erano rimaste nell’ombra o avevano ricoperto un ruolo alquanto marginale all’interno del movimento mondiale dei lavoratori. Furono queste posizioni a bandire i primi anarchici negli anni 1870; anni in cui si cominciarono a distinguere le tre correnti principali del Socialismo: quella riformista, quella anarchica e quella comunista-centralista. Per ben due volte la valle di St.Imier fu teatro di cambiamenti epocali. Il 12.11.1871 i delegati di otto sezioni giurassiane si riunirono a Sonvilier, per adottare gli statuti della loro neocostituita federazione (un vero e proprio modello di organizzazione antiautoritaria) e inviare una circolare a tutte le federazioni dell’AIT, la cosiddetta Circolare di Sonvilier, nella quale criticavano l’attitudine dittatoriale del Consiglio generale dell’AIT presieduto da Karl Marx. A questo atto di sfida il Consiglio generale rispose tentando di emarginare la presunta minoranza di dissidenti anarchici e cercando ripetutamente, tramite manovre e intrighi vari, di escluderla dall’Internazionale. Ma le contromosse di Marx non ebbero grande successo; le risoluzioni di St.Imier arginarono per almeno 40 anni i marxisti, costituendo la pietra tombale del Socialismo centralista. Mentre l’Internazionale di Marx (diventata con la scissione della componente federalista e autonoma una creatura atrofica) svolse a Philadelphia nel 1876 il suo ultimo Congresso generale, l‘Internazionale antiautoritaria fondata nel 1872 a St.Imier riuscì a tenere ancora un po‘ in vita la Prima Internazionale, almeno fino al Congresso di Londra del 1881. La fine delle strutture organizzative internazionali non ha, in ogni caso, significato il declino degli scambi transnazionali, delle attività degli anarchici o della forza dell’anarchismo come movimento rivoluzionario in sé. Gli attentati anarcoindividualisti o ispirati all’anarchismo contro funzionari pubblici o industriali seminarono il terrore nell’opinione pubblica e nella borghesia. Ma il vero pericolo per Stato e Capitale proveniva dalla corrente anarcosindacalista. Quest’ala del movimento costruì gradatamente organizzazioni di massa, senza strutture verticistiche. Per l’Europa vanno citate soprattutto l’Italia e la Spagna. Già ai tempi del Congresso di St.Imier del 1872, la penisola iberica era considerata una roccaforte anarchica. Nonostante nella Spagna monarchica dell’epoca l’AIT fosse vietata, vennero create diverse strutture clandestine che portarono la Federazione spagnola, dieci anni dopo il Congresso antiautoritario, a contare 632 sezioni e 49’561 membri.

Chi ebbe senz’altro voce in capitolo a St.Imier fu una vecchia conoscenza dell’Internazionalismo rivoluzionario: Mikhail Bakunin. Nessuno dei presenti poteva vantare in ambito rivoluzionario maggior esperienza e una così vasta rete di conoscenze. Le tappe della vita dell’agitatore russo rappresentavano una sorta di cartina di tornasole dell’Europa rivoluzionaria: negli anni 1840 si trovava a Berlino tra i membri della sinistra hegeliana, poi Zurigo, Basilea e Parigi, in vista dei moti del 1848 (contemporaneamente a Victor Hugo, George Sand, Karl Marx e Pierre-Joseph Proudhon); nel 1848 passò ancora da Berlino, poi fu la volta di Breslavia e Praga (rivolta di giugno, nota anche come “tempesta pentecostale”); nel 1849, infine, lo troviamo sulle barricate di Dresda (rivolta di maggio). Fuggito a Chemnitz insieme a Richard Wagner, mentre questi si rifugiò dalla sorella riuscendo poi a fuggire, venne tratto in arresto dalle truppe sassoni. Neanche 12 anni di prigionia (di cui dieci nella Russia zarista) poterono domare i suoi impulsi rivoluzionari. Dopo la sua fuga dalla Siberia nel 1861, continuò l’agitazione a Panama, San Francisco, New York, Londra e soprattutto in Italia. Bakunin è comunemente ritenuto l’ideatore e uno dei primi organizzatori dell’anarchismo. La storiografia anarchica lo descrive spesso come un vate della politica che trovò dei seguaci nel Giura. Nella narrazione comune il contrasto tra anarchismo e socialismo centralizzato, giunto al culmine nel 1872 con i Congressi dell’Aia e di St.Imier, viene visto come una contrapposizione tra Marx e Bakunin. Questo approccio storico che tende a voler focalizzare gli accadimenti su singole persone però contrasta, da una parte, con l’istanza antiautoritaria stessa dell’anarchismo e, dall’altra, ignora completamente la complessità della nascita di un nuovo movimento politico. L’anarchismo, già dalla sua prima comparsa, fu piuttosto il risultato di molteplici contributi teorici e di pratiche già adottate in diverse parti del mondo. Certamente sia Bakunin che più tardi Pjotr Kropotkin hanno confezionato delle opere pionieristiche e ancora oggi attuali, i cui contenuti, comunque, riflettevano, il più delle volte, delle pratiche già consolidate, che i due rivoluzionari russi trovarono, ad esempio, nel Giura svizzero. Kropotkin vi si trattenne più volte, la prima nel marzo 1872 e, nelle sue memorie scritte nel 1899, attribuisce a questa esperienza il momento decisivo per la sua futura scelta politica: “Quando lasciai dietro di me le montagne, dopo aver soggiornato una settimana dagli operai orologiai, la mia visione del Socialismo mi fu chiara: sarei stato un anarchico”. Gli operai orologiai del Giura, in effetti, già nel 1872, adottavano pratiche spiccatamente autogestionali. Nel 1865 ci fu un’ondata di fondazioni di sezioni dell’AIT. La sezione di St.Imier fu fondata nel marzo 1866, vale a dire, ancora prima che la Prima Internazionale mettesse piede in Spagna o in Italia. I giurassiani erano sperimentati nella pratica dello sciopero che, con altre forme di lotta, era molto diffuso all’epoca. La crescente emancipazione della classe operaia locale si manifestava nella rete di strutture autorganizzate per il mutuo sostegno. Ben presto nella valle di St.Imier si riuscì a trasformare le associazioni di lavoratori con fini di mera socializzazione o di stampo caritatevole in organizzazioni rivoluzionarie. I circoli ricreativi e le società di mutuo soccorso divennero sindacati (Sociétés de résistance). Si tentò di emanciparsi da Borghesia e Capitale attraverso la creazione di cooperative per la produzione, l’acquisto e il consumo di beni (ateliers coopératifs, sociétés de consommation). Venne creata una cassa di risparmio solidale (Société de crédit mutuel) e anche le casse malattia anarchiche per la copertura sanitaria, fondate nel 1876, perseguivano lo stesso scopo di affrancamento dal potere borghese. Oltre a puntare all’autonomia, le strutture anarchiche veicolavano anche una visione nuova. Le casse malati anarchiche, ad esempio, al contrario di quelle borghesi, erano aperte a tutti: alle persone affette da alcolismo o da malattie sessualmente trasmissibili; alle donne, indipendentemente dal fatto che fossero sposate, vivessero in concubinato (union libre) o da sole. Tutte queste strutture di mutuo appoggio portarono buona parte della classe operaia locale ad integrarsi nell’organizzazione anarchica. Sono già chiaramente riconoscibili le basi di quello che verrà chiamato anarcosindacalismo. Le organizzazioni anarchiche, strettamente antiautoritarie e basate sulla condivisione dei processi decisionali, sarebbero dovute diventare da un lato, delle scuole di formazione rivoluzionaria e dall’altro, porre le basi per la società post rivoluzionaria. Gli anarchici del Giura, in particolare quelli della vallata di St.Imier, lavorarono sodo e in maniera continuativa (dal 1866 al 1881 c.) alla costruzione di una società dal basso, dal particolare all’universale, dal locale al globale. Con la fondazione della Federazione operaia della valle (Fédération ouvrière du Vallon), appena prima del Congresso del 1872, e con la sua adesione alla Federazione Giurassiana nel 1876, gli anarchici della valle di St.Imier riuscirono a costruire un’organizzazione anarcosindacalista partecipata da tutte le realtà sindacali della regione. Ciò nonostante, alla fine degli anni 1870, le strutture anarchiche si sfaldarono.

Nonostante la sua breve durata, l’influenza dell’esperienza anarcosindacalista del Giura sul movimento anarchico mondiale non va sottovalutata. Altre regioni del mondo ripresero il discorso laddove gli anarchici giurassiani lo avevano interrotto. La conoscenza delle pratiche e dell’esperienza giurassiane giunsero in luoghi remoti, grazie ai Congressi e alle reti di comunicazione anarchiche. Quale movimento su scala mondiale, l’anarchismo aveva bisogno di efficienti reti di comunicazione. L’informazione anarchica, rispetto ai media tradizionali, affrontava le tematiche e gli accadimenti da un punto di vista internazionalista-rivoluzionario. In pratica, venne creata una controinformazione col fine di formare un’identità e una concezione del mondo anarchiche. Le reti di comunicazione globali sono state fondamentali per il movimento anarchico in passato come lo sono nel presente.

In tutte le fasi di crescita del movimento le reti di comunicazione anarchiche furono anche il riflesso delle innovazioni tecnologiche del tempo. Gli anarchici hanno spesso sfruttato le tecnologie promosse da Stato e Capitale, per poi indirizzarle contro di loro. Si pensi, in tempi recenti, alla piattaforma Indymedia, che collegava i vari segmenti del movimento No global dalla fine degli anni ‘90 ai primi anni 2000. Indymedia univa siti anarchici e giornali online che giravano per il globo. Su Indymedia molti anarchici si scambiavano le loro esperienze di autogestione e notizie sulle azioni dirette locali contro i giganti dell’industria agroalimentare e le multinazionali delle materie prime. Internet fece da cassa di risonanza mondiale anche alla rivolta zapatista contro lo Stato centrale e le multinazionali del 1994. Sebbene il nome del movimento indigeno si richiamasse a quello storico della rivoluzione messicana sotto la guida di Emiliano Zapata all’inizio del ventesimo secolo, e che il subcomandante Marcos, col suo vezzo di fumare la pipa, avesse un po’ l’aria da intellettuale d’antan, anche gli zapatisti attinsero a piene mani ai canali della rete. Web che si diffuse mondialmente nel 1995. Si può quindi affermare che la nascita e crescita del movimento contro la globalizzazione sia avvenuta parallelamente alla diffusione di Internet, che della globalizzazione fu il simbolo. Questo nuovo mezzo di comunicazione non servì agli anarchici solo per scambiarsi informazioni sulla situazione delle diverse lotte in corso nelle varie parti del mondo, ma anche per collegarle tra di loro e guadagnare maggior peso a livello globale. Qui andrebbe citata ad esempio la rete nordamericana “Direct Action Network” (DAN). Attraverso questa piattaforma decentralizzata, anarchici europei o asiatici poterono programmare azioni di protesta (azioni dirette) come, ad esempio, in occasione del vertice interministeriale del WTO a Seattle del 1999. Anche il Blocco Nero (Black Block), che venne associato al movimento anarchico e le cui azioni violente e mediaticamente spettacolari contrassegnarono, per certi versi, l’immagine del movimento contro la globalizzazione, si organizzò su Indymedia. A molti il fatto che un movimento di una tale vastità, antagonista della globalizzazione, interconnesso su scala mondiale, si fosse organizzato sul world wide web (il precursore della globalizzazione stessa) può essere sembrato divertente, perfino contraddittorio. Una critica in senso opposto venne fatta agli anarchici nella seconda metà del diciannovesimo secolo, quando Karl Marx sparse in giro la voce che questi ultimi fossero degli arcaici oppositori della modernità che si mettevano di traverso al corso della storia opponendosi, ad esempio, all’introduzione delle macchine nella produzione. Quest’aura negativa affibbiata agli anarchici permase in tutta la storiografia marxista e in gran parte del dibattito postmoderno. Basti citare a tal proposito il titolo del libro di Eric Hobsbawm “ribelli primitivi” (primitives rebels) del 1960, nel quale l’autore analizzava le “forme arcaiche dei movimenti sociali del diciannovesimo e del ventesimo secolo”, segnatamente in Spagna ed in Italia. In realtà gli anarchici non sono mai stati dei rivoltosi premoderni o addirittura contrari al progresso, ma piuttosto dei rivoluzionari al passo coi tempi. La critica alle innovazioni tecnologiche apparteneva e appartiene ancora oggi ai dibattiti ricorrenti sull’argomento all’interno del movimento anarchico. Benché ci furono degli atti di sabotaggio contro alcuni strumenti del progresso tecnologico, gli anarchici non possono sicuramente essere paragonati ai luddisti, che nel diciannovesimo secolo tentarono di portare indietro le lancette del tempo. La critica alla tecnologia nell’anarchismo ha sempre coinciso con una critica al sistema. Il male non risiedeva per gli anarchici di allora nelle macchine in sé, ma nello sfruttamento capitalista e statalista attraverso di esse. In questo senso anzi, gli esponenti della Federazione Giurassiana accolsero con favore l’avvento della tecnologia e delle macchine, le quali avrebbero potuto alleggerire il lavoro delle persone e permettere loro di dedicare più tempo ad aspetti come l’istruzione o il riposo. Per raccogliere i frutti della modernità, in ogni caso, questi mezzi di produzione sarebbero dovuti entrare in possesso dei produttori. Fin tanto che le macchine rimanevano di proprietà dei capitalisti, non avrebbero fatto altro che acuire i contrasti sociali.

Nelle fasi iniziali dell’anarchismo, intorno all’anno 1872, lo sviluppo tecnologico ricoprì un ruolo chiave. A quei tempi avvennero delle rivoluzioni nel settore dei trasporti e in quello delle comunicazioni. Accanto all’avanzata pressoché trionfale della ferrovia e del piroscafo (o battello a vapore) ci fu l’introduzione della rotativa (per la stampa dei giornali) e del telegrafo. Queste scoperte accelerarono e resero meno costoso il trasporto dei prodotti e il flusso delle informazioni su scala mondiale. Gli accordi internazionali conclusi nel campo delle ferrovie, delle poste e del telegrafo diedero vita a organizzazioni sovranazionali come l’Unione postale universale (fondata nel 1874 con sede a Berna), portando a superare i confini nazionali e a ridurre le distanze tra le varie parti del mondo. Le innovazioni in campo tecnologico, a cui seguirà l’adeguamento della sfera politica, aprirono una dimensione del tutto nuova allo scambio mondiale di beni e informazioni, motivo per il quale gli storici concordano nel definire la seconda metà del diciannovesimo secolo come l’era della “globalizzazione moderna”.

Anche un movimento che si diceva e agiva in maniera universale, non sarebbe potuto crescere ed espandersi senza l’aiuto del progresso tecnologico. Gli anarchici della valle di St.Imier sfruttarono le nuove tecnologie, nonostante gli scarsi mezzi economici a disposizione, per inviare lettere, telegrammi e soprattutto i loro giornali in giro per il mondo. Ciò fece sì che nel 1877 il “Bollettino della Federazione Giurassiana” (Le Bulletin de la Fédération jurassienne), pubblicato dal 1872 al 1878, contasse abbonati in 16 paesi disseminati su 4 continenti. Attraverso il giornale vennero diffuse le esperienze, le pratiche, così come le canzoni anarchiche (si pensi a “La Jurassienne”) dal Giura svizzero nel mondo. Grazie alla prassi del libero scambio di informazioni, ancora oggi in uso presso gli anarchici, la redazione del Bollettino nel Giura riceveva giornali da altri paesi che a loro volta operavano scambi con altri giornali anarchici. Durante i 6 anni della sua pubblicazione, il Bulletin rimase in contatto con qualcosa come un centinaio di redazioni di giornali in tutto il mondo. Da questi fogli la redazione prese articoli, li tradusse in francese, fece riassunti, così da offrire ai propri lettori un quadro esaustivo sulla situazione globale. A causa della crescente migrazione di molti lavoratori di allora, il giornale aprì una corrispondenza con i lavoratori emigrati anarchici, i quali mandarono resoconti locali da varie parti del pianeta. Fu così creata (e con un budget minimo) una rete di corrispondenza da remoto tale da far invidia alle maggiori agenzie di stampa nate in quel periodo, una specie di Reuters anarchica, diciamo..

Una ragione per la quale dalla storiografia è stata spesso misconosciuta alla Federazione Giurassiana l’importanza che essa ha avuto nella costruzione del movimento anarchico è probabilmente dovuta all’attività professionale dei suoi membri. Gli anarchici della valle del Giura erano quasi tutti lavoratori dell’industria orologiera. L’anarchismo, in effetti, sembra mal conciliarsi con criteri come ordine, precisione, puntualità, disciplina o addirittura lusso, di cui l’industria orologiera è portatrice. Qui andrebbe compreso che la vallata di St.Imier di fine Ottocento era dominata – e dipendeva in tutto e per tutto – dall’industria degli orologi e che la realtà era alquanto diversa. Nella valle venivano prodotti per lo più orologi da taschino a buon mercato del modello Lepine, di cui c‘era gran richiesta a livello mondiale. Se si dà un’occhiata a fonti come i verbali delle riunioni delle organizzazioni anarchiche locali, emerge l’alta capacità organizzativa e lo spiccato senso per l’ordine e la precisione.

Più che rappresentare un ostacolo, quindi, l’attività lavorativa nell’industria orologiera, ha fatto da preparativo alla costruzione di una roccaforte anarchica nel Giura. Le reti internazionali di trasporti e comunicazione contribuirono poi a innescare quel processo mentale negli operai che li portò ad identificare la propria realtà lavorativa con quella del resto del mondo. Tramite l’accesso alla rete di trasporti e comunicazione globale, di cui profittó già l’AIT, e la consapevolezza degli operai orologiai di far parte di un mercato globale, si formò nella valle di St.Imier un’identità anarchica, una coscienza di classe universale. Solo quest’ultima avrebbe permesso la piena adesione al movimento anarchico da parte di un lavoratore, con tutti i rischi annessi come la perdita del posto di lavoro e la conseguente miseria. Proprio a partire dall’industria orologiera, un settore dell’economia altamente diffuso a livello globale, iniziò a formarsi una coscienza di classe mondiale. Gli operai orologiai erano coscienti del fatto che la loro situazione materiale locale dipendeva da remoti fattori globali come la fornitura di materie prime, la congiuntura economica mondiale, le guerre o le crisi finanziarie. Nei 15 anni e rotti di attività della Federazione Giurassiana, i lavoratori e le lavoratrici attraversarono svariati periodi di profonda crisi, nei quali il calo della vendita degli orologi poteva raggiungere in un anno anche l’80% e a centinaia perdevano il lavoro. Mentre altri cercarono nell’intervento statale un rimedio alla crisi, gli anarchici videro nell’intreccio delle reti internazionali tra lavoratori e nella creazione di strutture rivoluzionarie l’unico modo per uscire dal circolo vizioso delle crisi ricorrenti. Le crisi economiche e la politica divisero la gente del luogo nell’era della cosiddetta globalizzazione moderna.

I Congressi internazionali sono da sempre l’occasione per unire le lotte e consolidare le reti di mutuo appoggio e il libero scambio di informazioni. Una coesione più estesa gli anarchici non l’hanno ancora mai raggiunta, anzi, spesso vengono fuori i contrasti tra le varie componenti. Nonostante il periodico ripetersi di sussulti e speranze rivoluzionarie, come nel caso del movimento Occupy Wall Street, nato dalle conseguenze della crisi finanziaria del 2008, l’anarchismo non ha ancora attecchito su vaste porzioni di territorio o a livello mondiale. Liquidare l’anarchismo come la storia di un fallimento o una mera utopia non rende giustizia alla notevole influenza che ebbe sulla storia mondiale. I principi dell’anarchismo e le sue pratiche hanno influenzato durevolmente la politica in varie parti del mondo (si pensi al confederalismo democratico, al municipalismo libertario, alle varie forme di disobbedienza civile o ai metodi come l’azione diretta). Con gli aderenti ai movimenti ambientalisti militanti, spesso giovanissimi, stanno tornando d’attualità forme di lotta fortemente radicate nella tradizione anarchica. In questo senso, non solo l’anarchismo è riuscito a rimanere un movimento di portata globale, ma, oggi come in passato, la riuscita di molte sue lotte ha fatto intravedere il sol dell’avvenir…

Florian Eitel                                                       

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